Beatitudine e Silenzio
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Sono due aspetti della stessa energia, due facce della stessa medaglia.
Se sei davvero silenzioso, sarai beato. Se sei beato, sarai silenzioso.
É questa la differenza tra vero silenzio e falso silenzio.
Si può entrare in un silenzio falso, uno può sforzarsi a essere silenzioso, ma allora non ci sarà beatitudine, perché ci sarà comunque una forma di controllo.
Quello è un silenzio imposto con la disciplina, la pratica, l’imposizione.
Sarà un silenzio irregimentato, proprio come nell’esercito puoi ordinare il silenzio e le persone staranno zitte, immobili come statue.
Ma non sono davvero silenziose perché dentro si sentono ribollire, sono sedute sopra un vulcano, stanno semplicemente eseguendo degli ordini.
Puoi fare la stessa cosa con te stesso, puoi essere contemporaneamente il comandante e il comandato.
Puoi forzare te stesso, puoi torturarti e se lo fai abbastanza a lungo riuscirai a raggiungere una certa forma di silenzio.
Ma sarà morto e non porterà in se alcuna beatitudine.
In realtà sarà qualcosa di molto miserabile, vuoto e negativo.
Sarà triste piuttosto che gioioso, sarà avvolto da una sorta di ombra mortale.
Il silenzio reale porta con sé una gioia scoppiettante.
Il vero silenzio è un silenzio che danza.
Il silenzio reale è vera beatitudine, e questo silenzio non può essere forzato.
Non puoi irregimentarti per ottenerlo, devi invece capire la vita.
Più grande è la tua comprensione, e più silenzioso diventi.
Il vero silenzio è un frutto della comprensione, quello falso deriva dalla pratica.
Il silenzio falso è facile e a buon mercato.
Il vero silenzio è difficile.
É per questo che la gente sceglie il falso, perché è facilmente disponibile. Qualunque stupido può averlo, basta torturare un po’ il proprio corpo e la mente.
Io sono totalmente contrario a ogni falsità.
É meglio essere tesi ma veri.
É meglio essere arrabbiati ma veri piuttosto che silenziosi e falsi, perché dal vero il cammino ti conduce alla verità, mentre dal falso non si va da nessuna parte.
Il falso non ha via d’uscita, non ti porta da nessuna parte, arrivi a un punto morto.
Non puoi tornare indietro perché hai investito così tanto e non puoi andare avanti perché non c’è dove andare, solo un precipizio.
Il falso non può mai condurti al reale perché il falso prima o poi termina bruscamente e davanti a te non c’è più strada. E non puoi tornare indietro perché dopo trenta quarant’anni di pratica significherebbe… accettare la sconfitta.
Vedo molte persone, i cosiddetti santi, le persone religiose, che se ne stanno seduti alla fine della strada, non abbastanza coraggiosi per tornare indietro e ammettere davanti al mondo che hanno fallito, che la strada era sbagliata, che i loro sforzi sono stati inutili e che, per favore, nessuno dovrebbe percorrere quel cammino.
No. Piuttosto che fare questo, piuttosto che pentirsi e dichiarare al mondo il loro fallimento, continuano a insegnare lo stesso cammino ad altri.
Continuano a richiamare altre persone – venite! – dicendo che sono arrivati.
Dal falso non c’è possibilità di arrivare a ciò che è reale.
Dal reale invece c’è la via verso la realtà.
Quindi, la vera rabbia è meglio, almeno è reale.
Una vera ansia è meglio, almeno è reale.
Non che io sia favorevole all’ansia o alla rabbia, ma sono totalmente in favore di ciò che è reale. Almeno in esso c’è qualcosa di vero.
E se capisci la tua vera rabbia, attraverso la comprensione la rabbia sparisce e quello che rimane è la verità.
Questo è ciò che in oriente viene detto separare la paglia dal grano.
Ovunque ci sia paglia, non aver fretta di bruciarla.
É possibile che ci sia del grano nascosto da qualche parte.
Prima di tutto recupera il grano.
Nella rabbia, la rabbia è la paglia e la compassione è il grano.
Nel sesso, il sesso è la paglia e l’amore è il grano, e così via … così via.