Illuminazione e Buchi Neri

Nell’Ottobre del 1986, Osho è a Bombay.
È rientrato in India da pochi mesi dopo Rajneeshpuram
e il World Tour, e alla sera ha ricominciato a parlare
a un numero ancora ristretto di devoti discepoli.
 
In una di queste serate, Maneesha chiede a Osho:
Cosa c’è al di là dell’illuminazione?
Le risposte di Osho di quella sera e delle sere che seguiranno
per un mese intero, sono raccolte in un volume dal titolo:
Beyond Enlightenment (Oltre l’illuminazione).
 
Ecco quel che ho capito del discorso di quella prima sera.
 
Al di là dell’illuminazione non c’è niente, solo il vuoto.
Con l’illuminazione cessano tutte le esperienze, e non solo,
cessa anche il soggetto che fa le esperienze.
Col consumarsi dell’ultima esperienza non resta più nulla,
tutto scompare.
 
Parallelamente a questa esperienza mistica, Osho dice
che la scienza propone un’analoga comprensione
introducendo il concetto di “buchi neri”, dove stelle e
intere galassie scompaiono senza lasciare traccia.
 
Ma la scienza ha anche notato che così come alcune stelle
entrano in una dimensione di non-esistenza perché inghiottite
da un buco nero, altre stelle nascono continuamente,
apparendo dal nulla, da una specie di non-esistenza.
 
Così come l’uomo ha dedicato innumerevoli
riflessioni al tentativo di aprire qualche spiraglio su quel che
accade dopo la morte, tralasciando invece qualunque
tipo di ricerca su cosa accade prima della nascita, allo stesso
modo la scienza ha posto molta enfasi sui buchi neri dove
l’esistenza sembra scomparire, ma non altrettanta su quelle
forme di nascita quando qualcosa passa dalla non-esistenza
all’esistenza.
 
La proposta di Osho è considerare che dall’altra parte di un
buco nero ci sia un “buco bianco”, mentre in mezzo c’è un
grande ventre, vuoto e silenzioso.
Qui, dove tutto riposa, ci sono l’inizio e la fine di tutte le eternità
che si inseguono in un incessante movimento circolare.
 
L’illuminazione è la meta dell’essere umano quando, dopo aver
gustato l’individualità in tutta la sua purezza, rimane solo
l’abissale serenità della scomparsa di quella individualità
nella non-esistenza.